Nel corso dell’evento, ho avuto il piacere di intervenire e moderare la sessione dedicata al Marketing che verrà. Oggi voglio condividere gli spunti che ne sono usciti.
La grande accelerazione digitale ci ha catapultato nella tempesta perfetta del marketing: questo è assodato, nessuno dubita che questo sia il futuro. Non che il trend non fosse già stato captato nelle direzioni marketing dei brand, ma l’uso accelerato che le persone hanno fatto in questi 18 mesi degli strumenti digitali in ogni fase del customer journey ha catapultato sui CMO una mole imprevista di opportunità di conoscenza del cliente basate sul dato.
Dati che arrivano dalla ricerca, dalla scelta, dalla conversione, dall’uso dei prodotti e dei servizi, dalla fruizione di video e contenuti, in un flusso ininterrotto che da ogni smartphone arriva fino alle direzioni marketing. Momenti della verità che si susseguono senza soluzione di continuità, percorsi di acquisto che diventano sempre meno lineari e sempre meno descrivibili con modelli tradizionali. Per il dato, ogni individuo è unico, e ogni acquisto ha un suo diverso percorso. La personalizzazione è sempre esistita nella realtà, ma non nel marketing.
Gianluca Diegoli intervista Matteo Molon, Marta Giaretta, Luigi Pace, Federico Ferrari e Simone Ranucci Brandimarte
Concetti consolidati come user personas basate su indagini qualitative con panel limitati, osservazioni parziali o addirittura i famigerati “io so cosa vuole il mio cliente” rischiano di apparire appartenenti a un passato remoto. Un passato in cui il marketer era esso stesso vittima dei bias cognitivi ben conosciuti nel consumatore: il social proof del “tutti sono su TikTok, adesso”, l’euristica della disponibilità per cui tutti i clienti corrispondono ai clienti che conosciamo direttamente di persona, il bias di conferma, per cui cerchiamo (solo) le prove che ci dicono che le nostre campagne funzionano. Il buon dato può contribuire a spazzare via tutto questo.
Un altro rischio è quello di cadere nel trend del “buzzword”, senza comprendere l’impatto economico reale. In questo percorso, SAS ha fornito esempi concreti dei benefici derivanti dall’applicazione della personalizzazione; per esempio, supermercati che la applicano in maniera analitica e contestuale fornendo coupon ottimizzati a livello individuale durante il pagamento alla cassa, e che con questa pratica ottengono un ritorno fino a due volte maggiore del traffico in store, con un incremento della frequenza e del market basket che pesa tra +1% e +3% del fatturato annuo (total turnover).
Ho provato a ripensare alle quattro P del marketing di scuola: sono ancora necessarie, sono ancora un’indicazione metodologica utile? Io credo di sì: il dato trasforma le analisi strategiche, ci fa creare segmenti e target non più basati su indagini parziali o sensazioni ma su dati di comportamento, che spesso nella società fluida contemporanea sono distanti anni luce dai classici dati socio-demografici a cui il marketing faceva ricorso in passato. La creazione di user personas algoritmiche (cit. di Enrico Marchetto) non è più futuro, è contemporaneità.
Non che ci siano alternative: oggi il consumatore è immerso in un oceano di distrazioni, ognuna di queste potenziali alternative alle comunicazioni di brand. Un catalogo infinito a portata di smartphone, in cui l’attenzione è sempre di più una chimera. L’unica possibilità di filtrare il rumore tra brand e persone è perseguire una personalizzazione: far fermare il consumatore facendolo riflettere nello schermo dello smartphone: “questo prodotto, questa comunicazione è pensata proprio per me”.
È in questa direzione che il marketing operativo, quello appunto delle quattro P, deve evolversi: il prezzo può essere segmentato attraverso sconti personalizzati, e non più concessi a pioggia; il prodotto, anche se non è digitale e fluido, può essere selezionato all’interno di un catalogo o associato in bundle; il punto vendita può smettere di essere una black box e iniziare a riconoscere le persone ancora prima della cassa; la promozione può avvicinarsi nella pratica alla teorizzazione ormai pluridecennale del one-to-one marketing e la creatività essere valutata e scelta per il suo effettivo contributo al path to purchase.
Max Ardigò intervista Alberto Nasciuti e Giovanni Teofilo Chiarelli
Durante le 2 interviste condotte da Max Ardigò, EMEA Retail Customer Experience - Business Solution Advisor, SAS e nel panel, moderato dal sottoscritto, i nostri ospiti hanno messo a terra questi concetti, sottolineando come, sia pur partendo spesso in ritardo le aziende stiano abbandonando il concetto del broadcast in tutte le leve del marketing.
- Giovanni Teofilo Chiarelli, Direzione Marketing, Responsabile Comunicazione Commerciale UnipolSai, si è focalizzato su come la raccolta dei dati sia alla base dell’obiettivo di ottenere migliori suggerimenti da fornire ai propri agenti, ma che questo deve avvenire in modo corretto non solo per rimanere negli ambiti legislativi ma soprattutto perché è il modo più efficace di consolidare la relazione con il cliente e consolidare la reputazione aziendale.
- Alberto Nasciuti, founder di KPI6, ha illustrato come attraverso la raccolta dei dati delle conversazioni pubbliche si possano arricchire i profili degli utenti già in possesso dei brand, e produrre contenuti più rilevanti e di maggiore efficacia.
- Matteo Molon - Responsabile eCommerce, Gruppo Calzedonia, ha indicato come anche un retailer con un enorme retaggio nel punto vendita fisico possa ottenere grandi risultati nella customizzazione delle comunicazioni con l’utente e di come la segmentazione rispetto ai comportamenti possa portare a enormi risparmi nei costi di promozione e perfino di logistica sui canali ecommerce.
- Marta Giaretta - Direttore Centrale Marketing, CheBanca! - Gruppo Mediobanca, si è focalizzata sul ruolo che il mobile (sia app che push notification che chatbot), quando l’interazione è personalizzata e rilevante, si sia rivelato un touch point decisivo per l’engagement dell’utente, in grado quindi di fornire anche alla loro rete di consulenti informazioni decisive nel loro rapporto con il cliente in termini di accuratezza della consulenza e della customer retention.
- Luigi Pace - Chief Marketing Officer, Compass Banca, ha sottolineato come quando il prodotto è indifferenziato, ancora più importante è realizzare un equilibrio tra “lasciare i clienti in controllo” (cioè fornire i contenuti giusti quando lo vogliono i clienti) e quando intervenire con un rapporto umano ma sempre in modo rilevante e personalizzato. La tempestività è cruciale: il dato aiuta a capire quando intervenire nella conversazione.
- Federico Ferrari - Global CRM Director, Valentino, ha insistito sulla personalizzazione che non deve andare in rottura con quello che il brand rappresenta già: il “tailor fit” fisico del passato, con la relativa raccolta di dati “offline” si fonde così con il “tailor fit” fornito dal dato online, e come questo si rifletta a cascata sul’experience in store, in cui i client advisor possono costruire un outfit personalizzato, basato sia sulla loro expertise che sui dati che il brand già possiede sul cliente. Di nuovo, un rapporto win-win tra brand e consumatrice.
- Simone Ranucci Brandimarte - Co-Fondatore e Presidente, Yolo Group, ha insistito sul ruolo trasformante del dato sulla proposta assicurativa: da una concezione prodotto centrica (uguale per tutti) a un concetto di iper-personalizzazione in cui il prodotto viene ritagliato su misura a seconda dell’utilizzatore, del momento di vita, delle occasioni lungo il journey in diversi momenti di consumo.
Tutto questo però, e questo è stato sottolineato da tutti i panelist, si può realizzare solamente con una “nuova alleanza” (anche organizzativa) tra IT, marketing e Data Protection Officer, che abbia l’obiettivo condiviso di trovare il punto di equilibrio tra personalizzazione, legittime richieste dei consumatori sul tema della privacy, e miglioramento della customer experience complessiva. Con processi rapidi, sistemi abilitanti e con un nuovo modo di guardare il ruolo del marketing in azienda, oggi questo è finalmente a portata di mano.