Innovation sparks
Adottare il giusto digital mindset al tempo delle organizzazioni algoritmiche e della Data Economy
Articolo di Alberto Maestri, Managing Partner - GreatPixel
Tutti quegli anni prima, dal suo ufficio di Wall Street, Sara non avrebbe mai potuto immaginare che sarebbe stata a capo di un’azienda di enorme successo specializzata in AI, inserita da Time tra le cento aziende più influenti del 2021. All’epoca, non capiva che cosa significasse “essere digitali” e non aveva nemmeno il know-how necessario per capirlo. Ma è stata capace di vedere che il mondo intorno a lei stava cambiando, intuendo che per fare la differenza, per essere appagata a livello personale e professionale e per avere successo in un’era di cambiamenti repentini, doveva raggiungere una valida alfabetizzazione digitale. Durante il percorso ha appreso le basi dell’informatica, ma anche come aggregare i dati, come sviluppare le relazioni tra i dipendenti in due continenti diversi e come strutturare un’azienda in cui le persone possano prendere decisioni basate su dati in rapida evoluzione. Ma il momento più importante nel viaggio di Sara – per sua ammissione, una “profana” – è stato ben prima che iniziasse ad acquisire le competenze tecniche. Fin dal principio si è impegnata ad acquisire un Digital Mindset. Il resto è venuto da sé.
Questa citazione, contenuta nel libro Digital Mindset scritto dai ricercatori Paul Leonardi (UC Santa Barbara) e Tsedal Neeley (Harvard Business School) e che ripercorre la storia della CEO di Gro Intelligence Sara Menker, rappresenta una metafora estremamente contemporanea.
Adottare un corretto Digital Mindset significa comprendere la corretta “forma” del digitale, riuscendo ad assimilare una serie di informazioni che ci permettono di avere successo nell’ambiente digitale / digitalizzato.
ALBERTO MAESTRI
Managing Partner, GreatPixel
Il fatto che eventi come quelli della recente cronaca possano accadere dovrebbe fare da monito: i rischi mitigati in passato non si possono sottovalutare, bisogna gestirli e mitigarli in ottica nuova, non solo dal punto di vista regolamentare ma anche in ottica simulativa, come peraltro suggerito dalle Banche Centrali.
ALBERTO MAESTRI
Managing Partner, GreatPixel
Il contesto sempre più AI-Driven dove viviamo ci pone infatti davanti a un duplice percorso di senso e crescita, che interseca competenze “hard” e “soft”.
Dal primo punto di vista, è indubbio che - chiunque noi siamo - siamo chiamati a diventare sempre più pratici di tematiche come algoritmi, intelligenza artificiale e dati. I percorsi attinenti alle discipline Science, Technology, Engineering and Mathematics (STEM) si diffondono e, nonostante tutto, rimane urgente il gap di competenze su queste tematiche.
Da una prospettiva più soft, esiste invece la necessità di capire il digitale, affinando e affilando un Digital Mindset che risulterà sempre più decisivo per essere buoni manager, cittadini, consumatori, genitori.
Elisabetta Risi, Ricercatrice all’Università IULM di Milano, parla non a caso di Vite Datificate (che è anche il titolo del suo ultimo, interessante libro) citando le ricerche e gli studi sull’Algorithmic Consumer. Un consumatore sempre più orientato dai dati e dagli algoritmi per le proprie scelte in cui ciascuno di noi può riflettersi senza troppo sforzo, caratterizzato da un processo decisionale denso di intelligenza e tecnologia.
Un racconto diffuso sull’importanza del Digital Mindset
Dunque, adottare un corretto Digital Mindset in questo scenario di organizzazioni algoritmiche e di data economy diventa di rilevanza cruciale. Significa comprendere la corretta “forma” del digitale, riuscendo ad assimilare una serie di informazioni che ci permettono di avere successo nell’ambiente digitale/digitalizzato.
Già, ma da dove partire?
Si dice che la trasformazione digitale parta dalle persone: ecco la ragione per cui ho deciso di non dare subito io una possibile risposta, ma di chiedere a tre professionisti e autori di livello nel campo della strategia digitale, del digital wellbeing e della comunicazione contemporanea. Parlo rispettivamente di Mauro Lupi, Alessio Carciofi e Mariagrazia Villa, di cui riporto altrettante prospettive sotto sottolineando già alcuni pensieri che saranno utili dopo.
Mauro Lupi - Strategy Director
Se è vero che una delle storiche abilità dell’uomo è la capacità di adattarsi, mai come in questi anni dovrà dimostrare di saperci fare davvero. Quando ragioniamo sul mindset e sulle skill ideali per i tempi moderni, escono sempre fuori delle ambiziose liste che raramente trovano completa soddisfazione nei profili reali delle persone. Provo quindi a ipotizzare un “minimo sindacale” in termini di mindset e soft skill, in particolare per affrontare efficacemente la data economy. La mentalità corretta non può essere che aperta, curiosa, positiva, che accetta e prende coscienza dei continui e rapidi cambiamenti, che affronta i problemi e le situazioni con spirito critico ma costruttivo.
La soft skill che non può mancare è quella che chiamo learnability, ossia la capacità – ma anche il desiderio – di imparare costantemente, di mettersi in discussione per migliorarsi di continuo. Capacità di apprendere significa organizzare un mix di strumenti, formali e informali, per lavorare sia sulla “T Shape" [1] delle competenze, sia per contaminarsi di idee e riflessioni fuori dalla propria zona di comfort.
Viviamo in un'epoca in cui la rivoluzione tecnologica sta cambiando profondamente il modo in cui viviamo, lavoriamo e interagiamo. L'era del dato e dell'algoritmo ci offre opportunità senza precedenti, ma anche sfide complesse. È giunto il tempo di investire (soprattutto) nella profondità dell'uomo, altrimenti potremmo perdere la capacità di vivere appieno questa rivoluzione epistemologica.
Si tratta principalmente di saper fare domande. Dobbiamo saper porre domande difficili e cercare risposte che superino la logica dell'essere guidati ciecamente dalle decisioni algoritmiche. L'alfabetizzazione digitale è importante, ma non dovremo ridurre la nostra formazione solo a competenze tecniche. Dobbiamo acquisire una profonda comprensione di come la tecnologia interagisce con la nostra vita, il nostro benessere e il nostro senso di identità. Questa consapevolezza ci permette di utilizzare la tecnologia in modo responsabile e sostenibile, evitando gli effetti negativi sulla nostra salute mentale, fisica e relazionale.
In definitiva, investire nella profondità dell'uomo è fondamentale per vivere appieno e da protagonisti nella società del dato e dell'algoritmo. Solo sviluppando competenze soft di Digital Mindset, affiancate alle competenze tecnologiche, possiamo garantire una crescita della coscienza.
Alessio Carciofi - Corporate Wellbeing Advisor
Mariagrazia Villa - Docente universitaria
Credo che la caratteristica più importante che dobbiamo avere in primis come professionisti per affrontare al meglio le nostre sfide, perché cruciale, sia l’etica.
In particolare, la virtù morale dell’ascolto del dato così da poterlo leggere, interpretare, utilizzare e raccontare senza fraintendimenti, manipolazioni, omissioni o esagerazioni.
Dietro ogni dato ci sono delle persone, che vanno ascoltate, valorizzate e supportate nelle loro scelte. Da qui discende come i professionisti del dato debbano avere un mix tra approccio umanistico e scientifico: devono essere integrati con il resto dell’organizzazione e “ammessi” ai tavoli delle decisioni, così da poter contribuire alla definizione delle strategie aziendali.
Prontuario di Digital Mindset
Gli stimoli citati finora sono tanti, tutti importanti per affrontare nel migliore dei modi i grandi temi e le opportunità che l’economia digitale e del dato ci pongono.
E allora, come persone a tutto tondo, possiamo immaginare e confezionare un “prontuario” di Digital Mindset?
La sfida è ardua, ma proprio le parole dei protagonisti citati finora possiamo estrapolare alcuni primi tratti per essere future-fit:
- apertura, curiosità, positività
- spirito critico ma costruttivo
- learnability (lo stimolo tra necessità e volontà di imparare costantemente)
- profilo professionale “a T” (T-Shaped)
- contaminazione con altri saperi e discipline
- saper fare le domande
- investire su di noi come esseri umani e persone
- lavorare sul nostro agire etico
- ascoltare il dato
- approccio ibrido - umanistico e scientifico
Ecco dunque 10 linee guida per orientare le scelte personali e professionali.
Semplici, concrete, per stimolarci a fare sempre meglio in una ipotetica Digital Gym che prepara al domani. O meglio, all’oggi.
Buon allenamento! 💪
15 giugno 2023
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