Innovation sparks
Un approccio globale e integrato all’utilizzo dei dati: il caso di Chiesi Group
Intervista a Annamaria Muraro, Head of Statistics and Data Management di Chiesi Group
Tempo di lettura: 4 min
È un percorso di trasformazione importante quello compiuto da Chiesi Farmaceutici, un cambiamento che vede nella scelta di modernizzare gli analytics uno slancio evolutivo che va ben oltre il cambiamento tecnologico diventando volano di un nuovo modo di lavorare e di innescare innovazione. Ce lo racconta Annamaria Muraro, Head of Statistics and Data Management di Chiesi Group.
I dati rappresentano l’elemento chiave per l’innovazione perché sono la scintilla che fa scattare qualcosa, che sia una scoperta o una decisione. Annamaria Muraro Head of Statistics and Data Management Chiesi Group
Qual è il ruolo dei dati in una realtà come la vostra? Che importanza ricoprono dal punto di vista dell’innovazione?
Non c’è ricerca, non c’è innovazione se non si parte dai dati. Abbiamo bisogno dei dati in tutte le fasi, dal drug discovery, alla pre-clinica, fino al completamento dello sviluppo clinico (che può durare anche dieci anni e oltre). Durante gli studi clinici raccogliamo una grande mole di dati, da volontari sani e pazienti, per dimostrare l’efficacia e la sicurezza dei farmaci. Tutto questo percorso si basa su un appropriato disegno della sperimentazione, sulla corretta raccolta dei dati, la loro adeguata analisi e interpretazione.
I dati sono alla base di ogni step della ricerca, a supporto di ogni decisione: se proseguire dalla fase I, alla fase II, se procedere in fase III o sottomettere un dossier ad una agenzia regolatoria.
Questo lungo percorso viene condiviso con le autorità del settore, che valutano la qualità dei dati e la solidità delle evidenze generate.
I dati rappresentano l’elemento chiave per l’innovazione perché sono la scintilla che fa scattare qualcosa, che sia una scoperta o una decisione. Negli ultimi dieci anni, poi, siamo passati dall’avere i dati solo dei randomized controlled trial (studio clinico controllato randomizzato) alla possibilità di avere Big Data provenienti da molte fonti (che noi definiamo “secondary database”), come per esempio i “real world data”, dati raccolti dalla vita reale dei pazienti e che “dicono” come i pazienti stanno davvero utilizzando un farmaco.
Il mio slogan, che uso anche all’interno del team per definire il nostro ruolo, è “foster the power of data”, dobbiamo riuscire a far parlare i dati per estrarne insights utili. Per questo servono sistemi di analisi sofisticati che integrano anche tecniche di intelligenza artificiale, cosa impensabile solo dieci anni fa.
Sul piano degli analytics avete compiuto un importante percorso di trasformazione e modernizzazione? Puoi raccontarci quali erano le esigenze e che scelte avete compiuto?
SAS Cloud e stato un progetto di grande cambiamento e innovazione, partito da molteplici “need”. SAS è da sempre stato lo strumento primario di analisi dati, utilizzato sia per data mining ed analisi esplorative, sia per scopi regolatori. La crescita dell’azienda ha portato ad un aumento degli utenti, dei dipartimenti, e dei siti di ricerca in diversi Paesi che utilizzavano la piattaforma. Con il risultato, negli anni, di avere tante versioni diverse installate sui PC, con configurazioni diverse e differenti moduli a seconda del dipartimento e del ruolo degli utenti. Una situazione che, com’è facile intuire, comportava diverse criticità anche dal punto di vista della governance e di gestione del mantenimento dell’infrastruttura.
Avevamo inoltre diversi fornitori che lavorano con i nostri programmatori interni, che usavano SAS sul loro server, in diverse versioni, con necessità di frequente di scambio dati e programmi dal fornitore al server Chiesi, certamente non ottimale.
In aggiunta, la configurazione su PC lasciava ampio spazio ad una personalizzazione utente, che nel tempo ha creato disomogeneità anche all’interno del nostro stesso team, rendendo più difficile la standardizzazione, il riutilizzo e la validazione del codice. Avevamo bisogno di un ambiente condiviso, che facilitasse l’utente a seguire processi standardizzati.
Non ultimo, vista l’intensa attività di data submission, avevamo la necessità di documentare in modo opportuno la validazione dell’installazione del sistema e tutto il ciclo di vita del dato e dei programmi che generano l’analisi, in modo da essere pronti in caso di ispezioni da parte di autorità regolatorie.
Era quindi giunto il momento di fare un salto e affrontare un cambiamento decisivo e strategico: una soluzione globale, integrata, standardizzata ed efficiente: adottare la soluzione SAS Cloud. Un grande cambiamento che ha riguardato innanzitutto il modo di lavorare delle persone.
Il progetto ha avuto molteplici impatti, sia sul piano tecnologico sia dal punto di vista delle competenze e delle risorse. Quali sono state le sfide e quali sono le “lezioni apprese” che potete oggi condividere?
Il passaggio dall’architettura PC ad una Cloud ha rappresentato una trasformazione profonda della strategia aziendale. Non solo dal punto di vista tecnologico (quell’aspetto è stato forse il meno critico, grazie all’eccellente guida del nostro gruppo IT e anche del significativo supporto ricevuto da SAS e dai partner tecnologici che ci hanno aiutato a gestire il progetto nelle sue diverse fasi) ma anche, e soprattutto, nel modo di lavorare delle persone.
I dati rappresentano
l’elemento chiave
per l’innovazione
È stato un progetto di integrazione che ha coinvolto diverse funzioni aziendali, in diversi Paesi. Si è dimostrato fondamentale utilizzare del tempo iniziale nella condivisione e comprensione dei processi, dei needs di ogni funzione e lavorare insieme per identificare degli standard comuni. La definizione di una chiara governance, del ruolo di ogni membro del team, e dei diversi partners, oltre a una buona pianificazione delle attività è un elemento chiave per il successo del progetto, mantenendo le tempistiche previste.
Pensando alle “lezioni apprese”, mi sento di dire che affrontare questo tipo di cambiamenti richiede una consapevolezza che il cambiamento si fa con le persone. Non bisogna avere paura di spendere più tempo di quello che si vorrebbe nelle fasi iniziali di preparazione, compresa quella di ingaggio delle persone, per far comprendere a tutti il vero valore del cambiamento, farlo “digerire” in modo che tutti riescano a vederne i vantaggi superando così, insieme, eventuali resistenze.
Quali sono i benefici delle scelte fatte ed i vantaggi che sentite di aver innescato facendo questo importante percorso di trasformazione?
Certamente molteplici vantaggi: un approccio più organico, strutturato e integrato all’interno di Chiesi, una ottimizzazione della maintenance del sistema, un miglioramento significativo della performance. Infine, un miglioramento nel modo di lavorare: efficiente scambio dati con fornitori, standardizzazione dei processi, nonché nella documentazione richiesta per documentare il flusso dei dati, nel pieno rispetto dei requisiti regolatori.
Anche dal punto di vista degli audit oggi ci sentiamo molto più “protetti”, siamo certi di poter documentare al meglio il flusso dati, nel pieno rispetto dei requisiti regolatori.
Tutto questo lavoro ha posto le basi per poter ulteriormente esplorare le potenzialità del sistema ed individuare altre aree di sviluppo che possano contribuire a rafforzare il nostro approccio data-driven.
I dati possono guidare l’innovazione aziendale con approccio curioso: cosa significa per lei curiosità? Come può essere motore di innovazione e di progresso?
La curiosità la si vede bene nei bambini. Loro chiedono, fanno domande, tante. E non si accontentano mai della prima risposta, ne vogliono altre, chiedendo ancora e ancora. Questa è per me la curiosità: la capacità di chiedersi sempre il perché delle cose ma non una volta, tante volte, in modo da poter avere tante risposte diverse e vedere le cose da prospettive differenti.
La ricerca (intesa sia come ricerca scientifica ma anche come ricerca del “nuovo”, delle risposte a ciò che non si sa ancora) non potrebbe vivere senza curiosità. Ricordo una delle tante citazioni di Albert Einstein che diceva “non ho particolari talenti, sono soltanto appassionatamente curioso”. Certo, non possiamo confrontarci con lui, ma non c’è dubbio che la curiosità è il motore della ricerca e dell’innovazione, in ogni ambito e livello. Be curious!
Annamaria Muraro racconta il suo ruolo in Chiesi Farmaceutici
Sono in Chiesi da dodici anni, un tempo lungo (non ho mai passato così tanto tempo in un’azienda) che però è volato perché ho sempre affrontato sfide e progetti diversi che hanno mantenuto viva la mia curiosità. Ho sempre coordinato il team di Data Management e Statistica, area che fa parte del Global Clinical Development, ed è un ruolo che a distanza di anni continua ad appassionarmi.
Il contesto aziendale è in continua evoluzione con una crescente pipeline, alimentata sia dalla drug discovery interna, sia da realtà esterne in partnership. Chiesi è una realtà in forte crescita che continua ad innovare ed è in grado di competere con le Big Pharma, nonostante la differenza di scala, facendo leva sulle straordinarie eccellenze interne. Lavorare a questi livelli è a volte faticoso, ma rende il lavoro vario, dinamico, stimolante.
C’è poi un secondo motivo di interesse nel mio ruolo, di natura etica, vale a dire contribuire a sviluppare soluzioni terapeutiche con i pazienti e per i pazienti, le loro famiglie, i caregivers, implementando soluzioni innovative migliorando al contempo i trattamenti già esistenti e supportando i pazienti in tutto il loro percorso terapeutico. A questo aggiungo il fatto che Chiesi dal 2019 è una B Corp certificata e rappresenta un esempio per altre aziende del settore che stanno seguendo lo stesso percorso. È motivo di orgoglio per me e per moltissimi colleghi e collaboratori.
Ed infine per le persone: il nostro lavoro di ricerca è per definizione un lavoro di team, dove le diverse competenze si integrano e si arricchiscono a vicenda, in un ambito in forte evoluzione tecnologica dove è fondamentale inserire e coltivare giovani talenti. Dedico molte energie ed entusiasmo alla crescita del team, guidandolo sempre verso nuovi obiettivi, sviluppando il senso di appartenenza, coltivando una leadership collettiva. E questo è fonte di continuo stimolo per me stessa, per continuare a migliorarmi.
4 ottobre 2022
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