L’onda lunga dell’IFRS9

Alla ricerca dell’equilibrio perduto tra rischio e guadagno. Quale sarà l’impatto dell’IFRS9 sulle banche, società finanziare, divisioni IT e crescita del PIL?

Benvenuti nell’era del rischio globale. Il rischio, da variabile individuale è diventato una costante di sistema.

Si possono avere livelli di rischio alto anche in corrispondenza di guadagni molto bassi. La leva finanziaria globale ha disarticolato il rapporto classico tra prezzo e rischio. Dalle Considerazioni di fine mandato del Governatore di Banca d’Italia, Ignazio Visco emerge con chiarezza come i crediti deteriorati appesantiscano i bilanci di banche e società finanziare e costituiscano un ostacolo alla crescita del PIL. Secondo i numeri di via Nazionale, il peso “netto” dei crediti deteriorati che gravavano, sulle banche italiane è di 173 miliardi, di cui 81 miliardi sono crediti in sofferenza.

Il calcolo delle perdite e gli effetti di sistema

Tra accantonamenti colossali di carattere prudenziale, aumenti di capitale, fondi di garanzia, e l’entrata in vigore della nuova banca dati europea integrata delle segnalazioni (AnaCredit), l’IFRS9 non rappresenta solo una misura contabile che inciderà sulle attività di reporting e di accounting delle banche, ma cambierà profondamente molteplici funzioni, con un impatto ancora tutto da misurare sulle imprese che necessitano di finanziamenti e, in un secondo step anche sui singoli consumatori che accedono ai mutui. Il dibattito è ampio, l’esperienza applicativa è work in progress. Negli ambienti comunitari, c’è viva preoccupazione per l’impatto della nuova regolamentazione sul credito a medio e lungo termine. Il calcolo delle perdite tramite una probabilità di default pluriannuale potrebbe portare a un aumento della volatilità a conto economico che decisamente non piace a nessuno perché significherebbe anticipare profitti e perdite futuri. E la cosa potrebbe essere fuori controllo. E questo piace ancora meno.

Mettere in sicurezza il sistema del credito

Per la sua onerosità in termini di accantonamenti e di provision, il nuovo principio contabile impatterà il settore del rischio di credito e degli accantonamenti, con effetti su tutto il sistema bancario internazionale e di riflesso su quello dell’economia reale, determinando nuovi criteri di accesso al credito di famiglie e imprese. Questo significa che Chief Risk Officer e Chief Financial Officer saranno chiamati a un numero crescente di scelte che presumibilmente avranno effetti restrittivi sulla qualità del credito erogato e forse anche sulla quantità. Non solo. Se da un lato l’IFRS9 obbliga banche e istituti finanziari a correre per essere in regola alla data del primo gennaio 2018, dall’altro il nuovo principio contabile obbliga a rallentare e riflettere. «Non facciamo scelte dettate dall’urgenza – raccomanda Fernando Metelli, CRO di Alba Leasing – ma cogliamo l’occasione per costruire un’architettura stabile per mettere in sicurezza il sistema del credito».

L’imperativo normativo e gestionale

Anche per Gabriele Priano, Accounting Compliance Enterprise di Intesa Sanpaolo, il progetto più costoso al quale banche e società finanziare stanno lavorando non può essere finalizzato solo all’imperativo di aderire alla normativa. La compliance sta scivolando sempre più in secondo piano e l’obiettivo principale sta diventando di natura gestionale, con il ricorso ai sistemi automatici per l’erogazione e il monitoraggio del credito. Soprattutto per la gestione dei NPL, che in questo momento sono sottovalutati.
C’è poco da dire. I modelli aumentano e diventano più complessi. Quindi si tratta di rivedere completamente le policy di impairment, adeguando in modo dinamico le architetture IT come fa notare Daniela Fragni, Product Manager Crediti e Risk di Cedacri. I modelli sono estremamente sensibili non all’algoritmo ma ai dati in ingresso. Senza un efficace processo di data quality si ottengono risultati sbagliati. L’architettura su cui tutto questo poggia deve essere costruita con molta attenzione.

Raccomandazioni per i CRO

Gli operatori bancari e finanziari sono liberi di raccogliere informazioni in modo standardizzato, ma non sempre sono in grado di effettuare una correlazione tra le informazioni e la probabilità di default. La manutenzione costante dei modelli sviluppati e la struttura IT interna o il centro servizio IT esterno assumono un ruolo determinante. «Andiamo a modellizzare i comportamenti della clientela e poi su questi prendiamo delle decisioni in termini di erogazione e classificazione del monitoraggio. Ma i comportamenti della clientela sono mutevoli» – spiega Metelli di Alba Leasing.
«Cambiano in funzione della composizione del portafoglio, e a parità di vincoli mutano a seconda delle condizioni ambientali. Se chi gestisce i modelli, non sta dietro a questi cambiamenti, prima o poi porterà i CRO a prendere decisioni sbagliate».

Catturare il futuro e portarlo dentro i modelli

Per Gabriele Priano di Intesa Sanpaolo valgono due parole chiave: complessità e continuità. La sfida è intercettare meglio il rischio di credito con un nuovo approccio alla riserva collettiva per evitare di andare a toccare quella linea di conto economico che preoccupa mercato e azionisti. 

"Una sfida tecnica, metodologica e culturale con il passaggio da un approccio backward looking a uno forward looking per catturare il futuro e portarlo
dentro i modelli"

Gabriele Priano, Accounting Compliance Enterprise - Intesa Sanpaolo

Una sfida tecnica e metodologica. Ma anche, cambio di mentalità. Con il passaggio da un approccio backward looking a uno forward looking per catturare il futuro e portarlo dentro i modelli. «Costruiamo i nostri indicatori di rischio mettendo insieme tutti gli elementi di incertezza da quelli più avversi a quelli meno avversi in modo non lineare. Trattiamo molte più informazioni, in molto meno tempo: da undici ore a un’ora e mezzo di elaborazioni, con un approccio ibrido di integrazione del Framework IFRS9 nell’architettura IT Basilea. Un percorso che non finirà il primo gennaio 2018, ma che sarà ciclico per adattarsi in modo veloce alle evoluzioni attese».

Dai dati ai modelli, l’IT tiene insieme tutto

Per Daniela Fragni di Cedacri la sfida più grande come outsourcer è stata di portare a bordo tutte le banche clienti sull’IFRS9, spingendo verso un allineamento significativo delle metodologie non solo per soddisfare le esigenze diverse delle banche per dimensione e modelli di business, ma anche per utilizzare i sistemi di rating come base per la quantificazione del capitale di rischio di credito. «Obiettivo principale è stato il connubio ideale tra soluzioni flessibili e sistemi performanti. In questo, ci ha aiutato il fatto di avere individuato una soluzione condivisa per individuare un nuovo strumento di calcolo e stima della perdita attesa come richiesto dalla normativa. Con un approccio per gradi e un gruppo di lavoro di 13 banche, abbiamo affrontato sia l’adeguamento organizzativo sia l’adattamento dei modelli. E processo per processo, abbiamo risalito la catena di impatto sull’IT conseguente all’adozione dell’IFRS9, in modo da porre la base di una conoscenza comune tra le banche clienti di Cedacri, connettendo non solo le esigenze particolari di ogni singolo dipartimento, ma anche quelle architetturali dell’IT, che tiene insieme tutto».


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e CECL

"I modelli aumentano e diventano più complessi. Si tratta di rivedere completamente le policy di impairment, adeguando in modo dinamico le architetture IT"

Daniela Fragni, Product Manager Crediti e Risk
- Cedacri

Su questa e altre tematiche del rischio,
sono disponibili 6 webinar on-demand.

"L’IFRS9 non è solo una misura contabile interna ma un principio gestionale
che impatterà sulla catena di trasmissione del credito nell’economia reale"

Fernando Metelli,
CRO - Alba Leasing